È
uno spunto di cronaca che dà avvio al viaggio sulle tracce dell'emigrazione
lucana in Australia: a Five Dock, sobborgo di Sydney, abitano oltre tremila
sanfelesi, originari di un paesino in provincia di Potenza, San Fele appunto,
che di abitanti ne conta ormai duecento in meno. Per trarre le fila dell'enorme
movimento migratorio che dalla Basilicata ha portato a trasferirsi senza
biglietto di ritorno decine di migliaia di persone a ventimila chilometri
di distanza, si è reso necessario ricucire in una rotta traversale le
lontanissime coste ovest ed est dell'Australia, con un passaggio centrale nel
suo cuore aborigeno. Così, dopo l'arrivo sulla costa ovest a Fremantle,
sobborgo di Perth, un volo a Cairns ci ha condotti nell'antichissima foresta
pluviale della Daintree Forest, a contatto con la natura selvaggia e gli
aborigeni del Queensland. Quindi un camper affittato in "relocation"
ci ha portati a vivere la vivace realtà dei busker di Brisbane, poi in treno
abbiamo raggiunto un luogo sacro da millenni come le Glass House Mountains,
sulla Sunshine Coast, dove un aborigeno noto per le sue battaglie sociali, Alan
Parsons, ci ha spiegato il rapporto degli "indigeni" con la loro
terra. Così, prima di arrivare a Sydney, è stato necessario raggiungere la
montagna più famosa di tutto il Paese, Uluru, dove, in quattro giorni di vita
nel deserto, abbiamo compreso il senso di una terra così piena di contrasti. Un
passaggio a Melbourne per andare a trovare Magica Fossati, la speaker
radiofonica che parla agli immigrati italiani dagli studi della SBS, è stata
quindi la premessa per il ritorno alla civiltà. L'approdo a Five-Dock, a casa
di Dona Di Giacomo è il primo finale di una storia che si conclude davvero
proprio nel ritorno a San Fele. Il paesino da cui proviene Joe, il marito di
Dona, che è pronto ad accoglierci nel giorno della festa più sentita della
popolazione: San Giustino,
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