BLOG DEI LUCANI EMIGRATI
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giovedì 29 gennaio 2009

Leggerezza delle Chiesa sulla questione ebraica

Rottura delle relazioni tra il Gran Rabbinato di Israele e il Vaticano
di Alessandro Litta Modignani



Il nuovo capitolo della disputa fra mondo ebraico e Vaticano è importante non tanto sotto il profilo religioso – che pure ha una sua rilevanza - quanto per le conseguenze, tutte politiche, della questione. Da un lato persiste il problema, mai completamente risolto, del rapporto fra la Chiesa e il nazismo; da un altro lato, la questione della difesa di Israele dalla minaccia di distruzione da parte araba e islamica.


Che esista, da sempre, un antisemitismo di matrice cristiana, è fuori discussione. Che la Chiesa cattolica ci abbia davvero e definitivamente i conti, invece, è tutt’altro che pacifico. La re-introduzione della Messa in latino, con tanto di preghiera per la conversione dei Giudei; la beatificazione di Papa Pio XII, le cui corresponsabilità con il regime nazista sono state pesantissime; da ultimo la revoca della scomunica ai vescovi lefevriani, fra i quali uno sfacciatamente negazionista: sono tutti gesti apparsi al mondo ebraico come prove evidenti, al limite della provocazione, della volontà vaticana di non voler “pagare dazio” per l’odio antisemita che pure continua a circolare nella cristianità. In altre parole, non è tanto sulla base delle dichiarazioni ufficiali, che si misurano le reali intenzioni della Chiesa cattolica, bensì sull’atteggiamento di sufficienza, per non dire di fastidio, con cui essa pretende di respingere le accuse mosse nei suoi confronti.

Anche la disinvoltura con la quale si è preteso di sorvolare sul caso Williamson, dicendo che le sue teorie non impegnano la Chiesa, è un particolare rivelatore. Infatti è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e bene ha fatto il Rabbinato di Israele a rompere i rapporti con il Vaticano. Ora Benedetto XVI si trova in gravi difficoltà politiche. La sua immagine internazionale ha subito un duro colpo e le reiterate precisazioni non valgono a riparare il danno: la frittata è fatta. Il suo disegno politico di restaurazione tradizionalista e pre-conciliare subirà probabilmente una battuta d’arresto.

Sotto il profilo politico, le conseguenze della rottura potrebbero rivelarsi gravi. Infatti, mentre in Europa continua a scontrarsi con i pregiudizi cristiani, a poca distanza il popolo ebraico resta esposto a ben altri pericoli. Come ricordava ieri Davide Giacalone su queste pagine, la minaccia teologica non risulta precisamente equivalente a quella atomica, perchè Williamson non è Ahmadinejad. Sotto questo aspetto, se i governi occidentali sono colpevoli di lasciare solo Israele e di non impegnarsi abbastanza in sua difesa, come giudicare la politica della Chiesa cattolica ? Se l’Europa è ambigua, cosa dire del Vaticano ? Il comportamento delle gerarchie, in questa circostanza, risulta ancora più colpevole e deplorevole, perché contribuisce a isolare culturalmente e spiritualmente gli ebrei in Europa, mentre Israele è minacciato di distruzione. Dall’attuale disputa, l’opinione pubblica occidentale potrebbe uscire disorientata e ancora più ostile nei confronti dell’unica isola di democrazia di tutto il Medio oriente. In questo caso, ancora una volta, la cristianità si renderebbe responsabile di una grave ingiustizia verso gli ebrei. Questa è l’unica, vera e grande attualità politica della questione ebraica, questo il senso profondo della Giornata della Memoria. Le scuse e i distinguo dei Papi, riferiti al passato, suonano insinceri e servono a poco.

Alleanze difficili, Vaticano in affanno

Strategie in crisi di Alessandro Litta Modignani

Le gerarchie vaticane stanno attraversando un momento politico di forte affanno. La tela pazientemente tessuta sembra essersi improvvisamente e violentemente strappata. La strategia delle alleanze, prudentemente costruita, mostra di colpo tutte le sue ambiguità e i suoi limiti. Il processo di secolarizzazione delle società occidentali si appresta forse a conoscere una nuova fase di forte accelerazione
.

Lo scorso anno, due erano state le tappe fondamentali del disegno vaticano sulla scena internazionale: i viaggi del Papa in Usa ad aprile e in Francia a settembre. Nel primo, Benedetto XVI aveva parlato di “religione non solo tollerata, ma valorizzata come fondamento della società”; nel secondo, aveva accennato alla “laicità positiva” della politica francese, presumibilmente contrapposta alla laicità negativa di altri governi europei.

Oggi entrambi questi tentativi si rivelano infruttuosi e, prima ancora di essere costruito, l’edificio politico già crolla come un castello di carte. All’Onu la Francia presenta, a nome dell’intera Ue, una mozione per la depenalizzazione universale dell’omosessualità, costringendo il Vaticano a schierarsi con i paesi che puniscono questa attitudine con la pena di morte. Un danno politico e d’immagine di proporzioni enormi. Ancor più pesanti le conseguenze dell’elezione di Obama. Il neo-presidente ha annunciato da subito lo sblocco dei fondi alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, successivamente il sostegno alle organizzazioni che aiutano la pianificazione delle nascite, aborto compreso. Nell’opinione pubblica americana sembra definitivamente prevalere la tendenza “pro choice”, rispetto alla linea “pro life” dei movimenti tradizionalisti.

Sul piano teologico, le cose vanno anche peggio. L’annuncio della revoca della scomunica ai vescovi lefevriani, che avrebbe dovuto rappresentare un successo del disegno restauratore e pre-conciliare di Ratzinger, è stata subito offuscata dalla notizia che fra costoro vi è anche Richard Williamson, negazionista antisemita. “Le sue posizioni personali non impegnano la Chiesa” ha balbettato padre Lombardi nel tentativo di parare il colpo, quando il danno era ormai irreparabile. Dopo la questione della messa in latino, con tanto di preghiera per la conversione degli ebrei, il dialogo con questi ultimi diventa ora difficilissimo, e non solo in Italia

Anche nel nostro paese, dove il Vaticano si era trincerato per rinserrare i ranghi, l’egemonia della Chiesa presenta segni di crisi. Nonostante gli ostruzionismi di Eugenia Roccella a destra e di Paola Binetti a sinistra, è possibile che fra pochi giorni - in Friuli, in Lombardia o in Piemonte poco importa – “sia fatta la volontà di Eluana”, sconfiggendo quella cultura della sofferenza che da sempre è il terreno di coltura del potere sacerdotale. L’introduzione della pillola abortiva Ru 486 nel sistema sanitario nazionale, sulla base della normativa europea, si annuncia come la prossima tappa di questo calvario . E non ci si illuda: il capo del governo, “eticamente anarchico” e attento come nessun altro ai sondaggi d’opinione, continuerà tranquillamente a fare il pesce in barile.

Per quanto le gerarchie vaticane si ostinino a battere con insistenza sul tasto “rewind”, il nastro della Storia non si riavvolge e il processo di secolarizzazione della società occidentale continua inesorabilmente il suo corso