TERRE DI LUCANIA
EMIGRATO IGNOTO:"Sto con i piedi nel mondo e la testa in Basilicata"
sabato 2 gennaio 2021
COMUNE DI SAN FELE.Forum by e-mail
Forum by e-mail su Problematicche COMUNE DI SAN FELE:"incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo" TU COSA NE PENSI? Dillo anzianiipiazza@libero.it
martedì 29 dicembre 2020
MOVIMENTO GIOVANILE SOCIALISTA, CIRCOLO GAETANO SALVEMINI
By EMIGRATO IGNOTO: "Sto con i piedi nel mondo e la testa in Basilicata"
Il P.S.I., fondato sulla teoria del socialismo scientifico e sulle esperienze, della lotta di classe in Italia e in tutti i paesi del mondo, guida la lotta di emancipazione dei lavoratori per la edificazione della società socialista. Si ispira al programma del Congresso di Genova del 1892, verificata attraverso de-cenni di lotte che, hanno fatto fare ai lavoratori e a tutto il popolo grandi e sostanziali progressi.(dall’art. 1 Statuto) »
TESSERA N° 269828 RILASCIATA AL COMPAGNO Donofrio Leonardo
IL SEGR. DI SEZIONE San Fele ( Circolo Gaetano Salvemini ) Giacomo Sebastiano
IL. DEL PARTITO Pietro Nenni
domenica 18 ottobre 2020
Il ruolo della nobiltà oggi
[Sulla scia
del successo del suo ultimo libro Nobiltà ed élites tradizionali
analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana (Marzorati,
Milano, 1993), il prof. Plinio Corrêa de Oliveira ha rilasciato la
seguente intervista al mensile francese Le Nouvel Aperçu.
Tratto da Tradizione Famiglia Proprietà, anno 1, n° 1, marzo 1995.]
Perché ha scelto la nobiltà
come tema per la sua opera?
Attualmente mi sembra che
l’atteggiamento dell’opinione pubblica sulla nobiltà sia molto meno influenzato
dagli errori della Rivoluzione francese di quanto non fosse fino a poco tempo
fa.
Infatti oggi si può ben
vedere, man mano che il tempo passa, che gli errori della Rivoluzione del 1789
vanno invecchiando e perdendo influenza. Ciò non significa che tale influenza
sia piccola, ma è minore di un tempo, e tende a diminuire sempre di più. Nel
momento di questa transizione storica, è interessante trattare della questione
della nobiltà, che era al centro di tutte le riflessioni, di tutte le
agitazioni e perfino di quasi tutti i crimini della Rivoluzione francese.
Quale ruolo attribuisce alla
nobiltà nei nostri giorni?
Non si tratta propriamente
di attribuire un ruolo alla nobiltà, ma di riconoscere questo ruolo nel
panorama oggettivo della realtà contemporanea. La nobiltà ancora esiste, i suoi
titoli ancora si usano, i suoi esponenti sono ancora frequentemente oggetto di
speciale considerazione. E perfino, come ho poc’anzi detto, in molti ambienti
il prestigio della nobiltà sta crescendo.
Orbene, in cosa consiste il
ruolo della nobiltà nei nostri giorni?
Certo, non è più il ruolo
che essa svolgeva anticamente, cioè quello di partecipare in qualche modo alla
direzione dello Stato, sia mediante il governo dei territori nei quali quella
classe esercitava un potere feudale, sia attraverso certe attività di
importanza fondamentale nello Stato e nella società.
Infatti, la nobiltà una
volta, in quanto classe eminentemente militare, contribuiva al reclutamento e
alla formazione della classe degli ufficiali di ogni paese. La quasi totalità
degli ufficiali era nobile. Alcune alte funzioni, come quelle di diplomatico e
di magistrato, erano, in larga misura, pure esercitate dai nobili, il che
caratterizzava pertanto la nobiltà come una classe molto potente.
L’opinione pubblica di quel
tempo, non massificata dai mezzi di comunicazione sociale e da tutte le conseguenze
provocate dalla Rivoluzione Industriale, possedeva in grado eminente la
coscienza dell’importanza e della rispettabilità di ciascuno dei compiti svolti
dalla nobiltà. Ragioni per cui si tributava a questa classe sociale un rispetto
del tutto speciale.
Con la Rivoluzione francese,
tutto questo mutò. Il falso dogma rivoluzionario in base al quale la suprema
norma della giustizia, in materia di relazioni umane, consiste nell’uguaglianza
assoluta fra gli uomini, fu accettato come vero da innumerevoli persone. La
pressione ugualitaria della Rivoluzione provocò, quindi, sullo Stato e sulla
società, effetti immediati e non raramente violenti, alla pari degli effetti
graduali causati più dalla propaganda che dalla forza. Così, in numerosi Stati,
l’ugualitarismo politico condusse a colpi di stato, che ebbero come effetto la
sostituzione delle monarchie con le repubbliche, con la conseguente abolizione
delle funzioni politiche della nobiltà.
In altri Stati,
l’ugualitarismo progredì mediante un lento sgretolamento del potere politico
dei monarchi e degli aristocratici, riducendoli ad una mera figura simbolica o
quasi, come nel caso del re di Svezia e della Camera dei Lord in Inghilterra.
E nel campo sociale?
A tale decadenza politica
seguì naturalmente una certa decadenza sociale, poiché l’esercizio del potere
costituisce, di per se stesso, una fonte di prestigio sociale. Ma in questo
campo le trasformazioni più importanti si dovettero a fattori scientifici ed
economici. Il progresso accelerato delle scienze, iniziato alla fine del secolo
XVIII e proseguito più o meno fino ai nostri giorni, favorì l’apparire di nuove
tecniche, applicabili ai più vari campi del vivere umano. Conseguentemente, le
tecniche di produzione agricola e di allevamento del bestiame, le industrie,
l’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione, di trasporto e via dicendo,
influenzarono a fondo i costumi sociali.
Non solo i costumi, ma le
stesse strutture sociali, poiché la scoperta di un nuovo metodo di produzione,
così come l’invenzione di un nuovo rimedio per debellare alcune malattie,
possono essere considerate da un popolo come avvenimenti più importanti di una
vittoria militare. Così, l’invenzione dell’aereo o del telefono ebbero più
importanza per gli Stati Uniti ed il mondo che molte celebri battaglie dei
secoli XIX e XX.
Si aggiunga l’esercizio di
professioni a volte molto lucrose, magari anche più rischiose, come quella di
carattere strettamente finanziario, e si avrà un quadro del formidabile
cambiamento che si determinò: da una economia a base strettamente immobiliare
e, in modo speciale rurale, si passò ad un’altra soprattutto urbana,
finanziaria, industriale e commerciale. E si vedrà che le attività
professionali che una volta conferivano ricchezza e prestigio, furono relegate
in secondo piano, a vantaggio delle nuove, che vennero a trovarsi ora in primo
piano.
Di conseguenza la nobiltà,
con tutto il suo inestimabile capitale di principii, di tradizioni, di stili di
vita e di modi di essere, perse in molti luoghi buona parte della sua influenza,
il che andò provocando un crudele danno nei confronti delle altre classi
sociali, che passarono a vivere sotto l’influenza criticabile e a volte perfino
ridicola dei nuovi ricchi.
Pio XII fa appello alla
nobiltà perché utilizzi tutti i mezzi che le restano — senza disprezzarne
nessuno — per controbilanciare queste conseguenze dannose. Il pontefice spera
che essa lo faccia in un nobile sentimento di preservazione e di elevazione
religiosa, morale e culturale, a beneficio di se stessa, come pure delle altre
classi sociali, dal più modesto proletariato fino al culmine dei neo-nababbi.
Duecento anni dopo la
Rivoluzione del 1789, Lei pensa che la società francese possa ancora attendersi
qualcosa dalla nobiltà?
Senz’altro. La storia ci
insegna che le aristocrazie si vengono a costituire in condizioni tali che
consentono loro di perpetuarsi a lungo nel tempo. Duecento anni! Cosa sono per
la nobiltà francese, di cui certe famiglie sono talmente antiche che la loro
origine, secondo l’espressione consacrata, "si perde nella notte dei
tempi"?
La condizione nobiliare non
è fatta per avere la durata di una vita individuale, al contrario di ciò che
avviene per i singoli e per le famiglie nelle società di carattere democratico,
nelle quali, del resto, un uomo celebre può frequentemente scomparire anche
prima di morire. La condizione nobiliare è fatta per avere la durata di una
famiglia. E la famiglia, ereditaria per definizione, è fatta per durare secoli
e secoli senza usura; anzi, essa finisce col valorizzarsi nel tempo.
Si potrebbe obbiettare che la
sua domanda non si riferisce tanto alla mera durata del tempo, quanto all’usura
conseguente agli avvenimenti storici dei due ultimi secoli inaugurati dalla
Rivoluzione francese. E ci si potrebbe domandare se la nobiltà, dopo aver
subito due secoli di rivoluzione così violentemente anti-nobiliare, non sia
ormai tanto obsoleta da non avere più alcun servizio da rendere alla nazione.
La storia della Francia, persino quella repubblicana, fornisce innumerevoli
esempi del contrario: ci sono state personalità eminenti, che hanno reso
servizi importanti al paese, nei campi più variati dell'attività pubblica.
Lei commenta le allocuzioni
di Pio XII, ma non si potrebbe ritenere che dopo la politica conciliante nei
confronti della repubblica liberale (il Ralliement) promosso da
Leone XIII, la Chiesa abbia definitivamente optato per il popolo e che il ruolo
della nobiltà e delle élites tradizionali sia stato relegato al passato?
La sua domanda presuppone
due affermazioni che non condivido. La prima è che possa esserci una
contraddizione fra l'insegnamento di due papi, Pio XII e Leone XIII. Inoltre,
se si ammette, argumentandi gratiae, che una tale contraddizione
esiste, non vedo perché non si possa scegliere, in tutta libertà, gli
insegnamenti di Pio XII anziché quelli di Leone XIII.
Si può comprendere che in
Europa i discendenti dei nobili di un tempo abbiano ancora un ruolo da
compiere, ma che valore ha la sua "opzione preferenziale per i
nobili" in paesi quali gli Stati Uniti, che mai hanno conosciuto una
nobiltà e dove il supremo valore di riferimento è il denaro?
Se la ricchezza è
certamente un elemento che permette di acquisire uno status sociale, gli studi
sociologici più recenti ci dimostrano che non è sufficiente per diventare
membro a pieno titolo dell'alta società americana.
Questo concetto di alta
società basato esclusivamente sulla ricchezza fa parte di un mito liberale che
si è diffuso nella coscienza popolare a partire dal secolo scorso per
mezzo di opere come Democrazia in America del nobile francese
Alexis de Tocqueville. Questo mito è stato ugualmente confutato da studi
recenti, in quanto i sociologi ci hanno dimostrato che negli Stati Uniti
si è formata una società non meno gerarchizzata che in Europa. Non vi sono
titoli nobiliari; tuttavia, come in Europa, la tradizione familiare ha un ruolo
predominante per assurgere a membro dell'alta società.
In assenza di titoli
nobiliari, le famiglie più antiche delle diverse città e stati vengono chiamate
con espressioni che mettono in rilievo la tradizione e la continuità. Così
troveremo i Proper San Franciscans, i Proper
Philadelphians, i Genteel Charlestonians, le First
Families of Virginia, i California Dons (allusione alle
famiglie discendenti dell'antica aristocrazia spagnola), i Boston
Brahmins, e via dicendo. Molte di queste famiglie conservano ancora i
loro palazzi e ville patriarcali.
Se osserviamo più
attentamente la società americana arriviamo alla conclusione che gli Stati
Uniti non sono guidati dalle masse ma dalle èlites, nuove e tradizionali. Queste
ultime sono organizzate in associazioni ereditarie. Le famiglie dei nuovi
ricchi, le quali dopo alcune generazioni riescono ad accedervi, devono
innanzitutto impegnarsi a non ostentare sfacciatamente la loro ricchezza di
fronte agli aristocratici, a volte impoveriti, e a rispetarne le tradizioni.
La più importante di queste
società ereditarie è forse quella dei Cincinnati, per
appartenere alla quale è necessario discendere da un ufficiale, americano
o francese, che abbia lottato per almeno tre anni nella guerra d'Indipendenza o
vi abbia preso parte fino alla fine; inoltre in alcuni stati può farne parte un
solo membro per ogni famiglia qualificata. Questa società risale al 1783 e deve
il suo nome a Quinto Cincinnato, il famoso condottiero romano che abbandonava
il suo aratro per assumere il comando dell'esercito nei momenti di grave
pericolo. I membri dell'associazione vollero stabilire nel paese un'autentica
nobiltà militare ereditaria, e come protettore venne scelto il re Luigi XVI.
Si può affermare che tutti
questi gruppi ereditari formano nell'alta società americana una élite analoga
alla nobiltà titolata d'Europa.
E quali sono secondo Lei
queste "élites tradizionali analoghe" alla nobiltà nella Francia
odierna?
La delimitazione delle
diverse classi in una società è un compito sempre delicato e soggetto a
innumerevoli contestazioni. Per quanto riguarda l'Ancien régime, e
specificamente in Francia, il pubblico in genere ha l'impressione che le classi
sociali — clero, nobiltà e popolo — si distinguevano così nettamente
come le linee di frontiera fra i paesi europei o americani. È un errore.
Innanzitutto bisogna precisare che la nobiltà era ben lungi dal configurarsi
come un corpo assolutamente omogeneo. C'erano diversi tipi di nobiltà: la
nobiltà di spada, quella di toga e altre ancora, per finire forse con quella di
campanile.
Certi storici parlano di più
di cinque classi di nobiltà in Francia. E anche così i confini fra queste
classi sono sovente imprecisi. Inoltre era facile che una famiglia passase da una
classe all'altra: bastava un decreto reale che elevasse una famiglia di
condizione plebea alla nobiltà, o una decisione del Re o della Giustizia che
degradasse qualcuno dalla condizione di nobile a quella di plebeo. Ciò poteva
accadere, per esempio, in seguito a un crimine, specialmente se si trattava di
un crimine contro lo Stato come l'alto tradimento.
In una società come la
nostra, in cui i principii ugualitari — "libertà, uguaglianza e
fraternità" hanno contribuito a formare la struttura dello Stato e anche
quella della società, questa delimitazione diventa ancora più difficile.
Comunque proverò a darne
qualche nozione. L'élite di un popolo è costituita dagli elementi —
singoli o famiglie — che hanno nelle loro mani le leve dello Stato e della
società. In una democrazia, le élites sono essenzialmente mobili ed è
molto difficile che una famiglia possa assicurarsi una durata sufficiente da
potersi qualificare come tradizionale.
La nostra società ha voluto
essere una società aperta, alla maniera di un corso d'acqua abbastanza profondo
che riceve senza inconvenienti tutti i corsi d'acqua minori che vanno ad
alimentarlo lungo il percorso. Ciò che ha voluto, la nostra società lo ha
avuto. Essa assomiglia appunto a un fiume che accoglie senza discriminazione tutti
i suoi affluenti. Ma questo flusso indiscriminato aumenta talmente il volume
della massa liquida, con acque a volte cristalline e a volte inquinate, fino a
causare straripamenti, inondazioni e inconvenienti di ogni tipo. Allora è
il trionfo dell'arrivismo, di una certa concezione opportunista
dell'UGUAGLIANZA. Il denaro stabilisce la sua dittatura sia utilizzando le
astuzie e gli intrighi politici, sia mettendosi al loro servizio.
Tutto ciò forma un insieme
di circostanze che, aggiunte alla terribile corruzione dei costumi
(vigorosamente servita da una certa concezione della LIBERTA'), produce come
risultato complessivo un'agitazione fatta di rivalità a tutti i livelli, dai
più piccoli comuni fino alla nazione intera. Cioè, neanche l'ombra di quella FRATERNITA'
laica e inconsistente che i sognatori del 1789 vollero sostituire alla carità
cristiana.
Non c'è più il tradizionale
desiderio di buoni figli che aspirino ad essere i continuatori dei loro buoni
genitori, come gli anelli ultimi di una catena tanto forte quanto antica: tutto
ciò è sparito con l'agonia delle tradizioni.
Tuttavia, pur nel bel mezzo
di questa nebbia confusa e inquinata si possono costituire élites nuove ed
antiche dopo aver superato una serie di ostacoli. Il fenomeno è più
frequente di quanto lascino capire la gran parte dei moderni media. Nel mio
libro Nobiltà ed élites tradizionali analoghe, recentemente
pubblicato negli Stati Uniti dalla Hamilton Press, Lei troverà un'appendice,
densa di informazioni ed analisi, sulle élites tradizionali negli Stati Uniti.
A proposito di quel paese, la cui importanza nel mondo contemporaneo è impossibile
negare, ecco alcuni punti affrontati in quella appendice: - Gli Stati Uniti non
sono guidati dalla massa ma dalle élite nuove e tradizionali; - Le élites
tradizionali oggi: una realtà sana, viva e fiorente; - Il lignaggio: nessun
altro criterio, neanche la fortuna, è così determinante per conferire uno
status sociale; - L'eredità dello status sociale negli Stati Uniti; - Gli
avvenimenti dell'alta società americana, il ballo delle debuttanti; -
L'organizzazione delle élites tradizionali nei nostri giorni; - Le associazioni
ereditarie negli Stati Uniti; - Le rigorose condizioni per l'ammissione di
nuovi ricchi nell'alta società, e via di seguito.
Quali sono quelle élites
nella Francia odierna? Come differenziarle fra loro? Anzitutto bisogna dire che
certamente queste élitesesistono, ma che le leggi ed i costumi in vigore hanno
potentemente contribuito ad impedire che balzassero agli occhi della nazione.
Perciò è quasi impossibile presentare una lista delle famiglie costitutive
della élite francese, cosa che del resto si può dire pressoché per tutti i
popoli moderni.
Questa analisi sulle élites
analoghe non vale invece per la nobiltà. Ecco quello che risponderei alla sua
domanda.
Qui, come sicuramente Lei
sa, va di moda far riferimento al populismo come ancora di salvezza, cioè
si ritiene che la crisi della società contemporanea dipenda da un'eccessiva
importanza attribuita alle élites e che la soluzione stia nel rivalorizzare
l'uomo della strada? Che ne pensa?
Certamente fa parte della
missione dello Stato e della società l'attenzione dovuta ai diritti di quella
massa umana che qualifichiamo come "uomini della strada". Si tratta
di uno degli obblighi prioritari dell'uno e dell'altra.
Tuttavia la sua domanda
riflette una posizione strettamente ugualitaria, che considera i diritti del
popolo — chiamato nel linguaggio pittoresco del Medioevo "il Popolino di
Dio", oggi trasformatosi in massa — a tal punto prevalenti da non lasciare
posto a nessun'altra classe. Ora, la esistenza di élites costituisce un fattore
che, per se stesso, risponde a diverse necessità legittime e fondamentali del
popolo. Da notare però che dico "popolo" e non "massa".
Tenendo presente i concetti di "popolo" e di "massa" così
come furono luminosamente spiegati da Papa Pio XII, si comprende subito e senza
sforzo il ruolo delle élites:
"Popolo o moltitudine
amorfa o, come si usa dire, massa, sono due concetti diversi.
1. "Il popolo vive e si
muove per vita propria; la massa è per sè inerte, e non può essere mossa che
dal di fuori;
2. "Il popolo vive
della pienezza di vita degli uomini che lo compongono, ciascuno dei quali — al
proprio posto e nel proprio modo — è una persona consapevole delle sue
responsabilità e delle sue convinzioni. La massa, invece, aspetta l'impulso dal
di fuori, facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gl'istinti o le
impressioni, pronta a seguire, a volta a volta, oggi questa, domani quell'altra
bandiera.
3. "Dalla esuberanza
di vita di un vero popolo la vita si effonde, abbondante, ricca, nello Stato e
in tutti suoi organi, infondendo in essi, con vigore incessantemente rinnovato,
la consapevolezza della propria responsabilità, il vero senso del bene comune.
Della forza elementare della massa, abilmente maneggiata ed usata, può pure
servirsi lo Stato; nelle mani ambiziose d'una sola persona o più persone, che
le tendenze egoistiche abbiano artificiosamente raggruppate, lo Stato stesso
può, con l'appoggio della massa ridotta a non essere più che una semplice
macchina, imporre il suo arbitrio alla parte migliore del vero popolo:
l'interesse comune ne resta gravemente e per lungo tempo menomato e la ferita è
ben spesso difficilmente rimarginabile".
La complementarietà e
l'interdipendenza fra le élitese le altre classi sociali da una parte, e una
concezione ricca e duttile del bene comune dall'altra, sono a smentire certi
pressuposti della sua domanda e allo stesso tempo le forniscono una valida
risposta.
Dopo il crollo del muro di
Berlino si assiste prima alla scomparsa dell'ancien régime comunista e dopo al
ritorno dei comunisti con le elezioni in diversi paesi. C'è una situazione
generalizzata di caos. Lei pensa che gli antichi "apparatchik" formano
oggi una élite in questi paesi? Nella prospettiva del vostro libro, c'è una
soluzione al caos? Oppure non resta che fare affidamento su una massa e una
nomenklatura modellate da oltre 70 anni di comunismo?
In questa prospettiva non
c'è soluzione. Il caos è realmente il triste epilogo delle diverse evoluzioni
subite dal mondo comunista.
Dove andrà a finire tutto
questo caos?
Ecco un problema molto
diverso. La storia ci presenta parecchi casi di situazioni caotiche che
finiscono con la liquidazione delle stesse componenti del caos e, a partire da
ciò, con la formazione di nuove situazioni, alcune delle quali
straordinariamente positive. Tuttavia, è più frequente andare incontro a
destini miserevoli, tristi e infelici. Si tratta di popoli "seduti
sull'orlo della morte", metaforicamente parlando.
Ciò è accaduto all'antico
Egitto, alla Grecia dominata da Roma, all'India prima delle grandi navigazioni
occidentali. Ed anche a quasi tutti i popoli dell'Oriente e dell'Asia.
Un probante esempio in senso
inverso fu l'uscita dal caos in cui era piombato il territorio di quello che
una volta fu l'Impero romano d'occidente, con l'invasione dei barbari. Era
un vero e proprio caos, che tuttavia non si generalizzò a tutti i livelli.
Mentre le autorità romane abbandonavano le loro funzioni e si davano a
vergognosa fuga davanti all'avanzata dei barbari, le autorità ecclesiastiche,
al contrario, rimanevano sul posto.
Frequentemente a rischio
della vita, cominciarono ad impartire una formazione morale a questi popoli
barbari che, più di una volta, mostravano notevoli tratti di innocenza e di
rettitudine morale.
La Chiesa mantenne e
promosse tutto quanto trovò di positivo nella moralità primitiva dei barbari,
combattendo ciò che era censurabile e che costituiva un ulteriore fattore di
caos; da questo amalgama, vivificato dalla forza generatrice del Vangelo,
nacque il Medioevo, da cui a sua volta germinò la civiltà cristiana
occidentale.
Naturalmente, sarebbe errato
supporre che il caos generò da solo tutto quanto ci fu di positivo nei secoli
successivi al Medioevo. Infatti, le masse barbare trovarono nell'antico
territorio romano fattori incomparabili di organizzazione, di ordine, di
strutturazione culturale e sociale, cioè il fermento del Vangelo capace di
generare a nuova vita qualsiasi popolo. Fu il valore morale del clero che
produsse il Medioevo.
Per quanto se ne sa, in
tutto il mondo ex-sovietico non si notano questi fattori. La chiesa
greco-scismatica, chiamata anche"ortodossa", non può essere
considerata puramente e semplicemente come una valida erede della Chiesa
cattolica, di cui anzi è, sotto vari punti di vista, sua oppositrice.
È noto che durante il
periodo della dominazione comunista il clero di questa Chiesa, dominato dalle
dottrine "ortodosse" cesaropapiste che mettevano l'organizzazione
ecclesiastica sotto la direzione dello zar, si è ritenuto obbligato a prestare
ubbidienza a Lenin e ai suoi successori, così come prima ubbidiva agli
imperatori.
Invece di diventare un
fattore di rigenerazione e di lotta contro il comunismo, questo clero si
associò al regime allo scopo di sopravvivere. Quel che fece nascere il Medioevo
fu esattamente la disposizione dei sacerdoti a morire anziché cedere terreno di
fronte alla barbarie.
Come sia, la Chiesa
greco-scismatica non può essere ritenuta un fattore sufficiente alla
rigenerazione dei popoli ex-sovietici. D'altra parte, la penetrazione della
Chiesa cattolica in quei territori è molto limitata per una serie di
circostanze delle quali l'Occidente non ha che un'idea imprecisa.
Infine, un numero
ragguardevole di cattolici che si avventurano nel mondo ex-sovietico sono quasi
sempre influenzati da correnti moderniste, provenienti da un Occidente in cui
la crisi della Chiesa cattolica, dovuta proprio a certo clero di matrice
progressista, causa sbandamenti che conosciamo bene e che tutti deploriamo.
Sembra che gli esponenti di
queste correnti non siano in alcun modo capaci di un'azione rigeneratrice. Da
dove allora attenderci una soluzione? Da qualche individuo ben intenzionato e
specialmente benedetto da Dio? Loro, e solo loro potranno, con l'appoggio di
Roma, risollevare le sorti dell'ex-mondo comunista, "colosso" ormai
in disfacimento.
Ma esistono questi individui
nel mondo ex-sovietico? Credo di sì; ma in numero talmente esiguo da doverli
cercare col lanternino e pregare per loro aiutandoli in tutta la misura del
possibile.
sabato 28 marzo 2020
Beniamino Bufano
mercoledì 18 marzo 2020
Psicopandemia: la paura del Coronavirus e gli effetti psicologici su tutti noi
Il trauma, compreso quello psicologico, (dal greco τραῦμα, – ατος ossia “rottura-ferita”) è quindi un fenomeno stressante, di gravità estrema, che soverchia per la sua veemenza, l’integrità dell’individuo, nonché la sua capacità di fronteggiamento. Possiamo, quindi, definirlo come una “frattura” che interrompe il corso naturale della nostra esistenza, sovvertendo la normale sequenza delle esperienze di vita.
La popolazione mondiale sta vivendo un momento di grande allerta, di paura condivisa e di minaccia prolungata che sembra sovvertire “l’ordine naturale delle cose”, o almeno di quel tipo di ordine a cui siamo abituati.
In tal senso la pandemia oltre a disorganizzare tutti noi, colpisce ancor di più le persone vulnerabili in termini psichici.
domenica 1 marzo 2020
San Fele.Il nucleo della città ebbe origine nel 969 d.C.
- dalla seconda metà del XIX secolo al primo dopoguerra: in questa circostanza le mete erano oltre oceano, ossia l'America (in particolare Brasile, Argentina, Stati Uniti e Canada);
- dal secondo dopoguerra fino al giorno d'oggi: nei primi decenni, cioè quelli del boom economico, le famiglie si trasferirono soprattutto verso Svizzera (in particolare nei dintorni di Lucerna e Zurigo) Germania, Belgio e nord Italia (in particolare Piemonte, Lombardia e Toscana).
- le frane del 1968[8], che colpirono la parte nord orientale del paese spazzando via un cospicuo nucleo di case abitate;
- il terremoto dell'Irpinia del 1980, che lasciò senzatetto 634 persone, ovvero circa il 10% della popolazione[9];